Carie secondaria: quando la carie ritorna sotto l’otturazione
Una delle domande più comuni tra i pazienti è: “Com’è possibile che ci sia ancora una carie su un dente già curato?”. La risposta ha un nome preciso: carie secondaria.
Si tratta di una nuova lesione che si sviluppa sotto o intorno a una vecchia otturazione, spesso in modo silenzioso, ma con conseguenze potenzialmente gravi per la salute del dente.
Cos’è la carie secondaria
La carie secondaria si manifesta quando, dopo un trattamento conservativo, si forma un nuovo processo carioso nella zona in cui era stata precedentemente rimossa la carie. Può interessare direttamente i margini dell’otturazione o l’area sottostante. È una condizione insidiosa perché si sviluppa in una zona dove apparentemente “tutto è già stato risolto”, ma dove invece possono insorgere nuove criticità legate al tempo, all’usura o a fattori individuali.
Dal punto di vista clinico, si distingue dalla carie primaria perché non colpisce un dente integro, bensì una superficie già trattata. Ed è proprio questa caratteristica a renderla più difficile da individuare precocemente senza controlli professionali mirati.
Carie secondaria: da cosa dipende
Le cause sono multifattoriali. Un elemento centrale è la perdita di aderenza tra il materiale da restauro e il dente naturale. Col passare degli anni, infatti, un’otturazione può usurarsi o microfessurarsi. Anche uno stress meccanico eccessivo, come il bruxismo, o sbalzi termici frequenti tra bevande calde e fredde possono contribuire alla formazione di piccole infiltrazioni. In questi spazi si annidano batteri cariogeni come Streptococcus mutans e Lactobacilli, che trovano un ambiente ideale per proliferare al riparo dallo spazzolino.
In altri casi, la carie secondaria è conseguenza di un restauro poco duraturo o eseguito in condizioni non ottimali: ad esempio, un isolamento del campo non perfetto può compromettere l’adesione tra dente e composito, aprendo la strada all’insorgenza di microlesioni nel tempo.
Quali sono i sintomi di una carie secondaria
La carie secondaria può restare asintomatica per mesi o addirittura anni. Tuttavia, in alcuni casi compaiono sensazioni lievi ma persistenti, come un fastidio alla masticazione, una sensibilità al caldo o al freddo, o una diversa percezione del contatto tra i denti. Altri indizi possono essere una discromia attorno all’otturazione, oppure una leggera frattura del restauro stesso.
La diagnosi, in ogni caso, deve sempre essere confermata da un esame clinico e radiografico, in particolare con radiografie bite-wing, che permettono di valutare con precisione le aree interprossimali e i punti ciechi invisibili a occhio nudo. Nei casi dubbi, possono essere utilizzati coloranti rivelatori o strumenti a fluorescenza per evidenziare l’attività cariogena.
Cosa fare se viene diagnosticata
Il trattamento dipende dalla profondità della lesione. Se la carie è superficiale e confinata, è possibile rimuovere l’otturazione e procedere con una nuova ricostruzione. Quando invece la carie ha già raggiunto la polpa dentale, si rende necessario un trattamento endodontico, cioè una devitalizzazione. Nei casi in cui il dente abbia perso gran parte della sua struttura, il dentista può optare per una corona protesica per ripristinarne forma e funzione.
La carie secondaria non va mai sottovalutata. Un intervento tempestivo può preservare il dente e ridurre al minimo l’invasività della terapia.
Carie secondaria: la prevenzione fa la differenza
A differenza di una carie primaria, la lesione secondaria può essere prevenuta in modo molto efficace con alcuni accorgimenti. È importante ricordare che anche un dente “curato” ha bisogno di attenzione nel tempo.
Ecco le buone abitudini che aiutano a prevenire:
- Mantenere un’igiene orale quotidiana scrupolosa, con spazzolino e filo interdentale;
- Limitare il consumo frequente di zuccheri e alimenti acidi;
- Evitare bruschi sbalzi termici durante i pasti;
- Sottoporsi a controlli periodici, anche in assenza di sintomi;
- Segnalare al dentista qualsiasi sensazione insolita su denti già otturati.
Una visita ogni sei mesi permette di intercettare precocemente eventuali infiltrazioni e monitorare lo stato dei restauri esistenti.